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Immagine del redattoreelisabettaperri

L'Arte di Bere come Winston Churchill

Senza dubbio uno dei protagonisti più iconici e discussi della scena politica britannica, personaggio chiave del Novecento e Primo ministro nell’«Ora più buia», dunque nei tragici anni in cui la follia nazista mise a ferro e fuoco l’Europa.


Grande statista e politico instancabile, tra i primi ad aver invocato la creazione degli Stati Uniti d’Europa. Storico inglese, corrispondente di guerra ed ex ufficiale del British Army.

Non è tutto.


Churchill è stato anche uno smodato bevitore, diciamolo.

E’ grazie a questa personalità poliedrica che l’arte oratoria e il buon bere si sono fusi in un intreccio sottile e umoristico, consegnatoci dalla storia attraverso una serie interminabile di aneddoti, lettere, citazioni e testimonianze a vario titolo.

Celebre è la frase che il Premier del Regno Unito avrebbe detto in occasione del suo incontro con il Re dell’Arabia Saudita:


«La mia unica regola di vita è bere prima, durante e dopo i pasti».

Una routine a dir poco impegnativa, anche per i teorici del bere responsabile.

In effetti Churchill iniziava spesso le sue giornate con un goccio di Hock, termine con cui gli inglesi indicano genericamente un calice di vino bianco tedesco (quasi sempre Riesling). In mancanza di impegni urgenti, era solito restare a letto fino quasi l’ora di pranzo, passando in rassegna i giornali e sorseggiando quello che i figli dello statista avrebbero battezzato come il Papa's Cocktail, (il Cocktail di Papà): un bel tumbler con due dita di Scotch, diluito con pochissima acqua. Lo stesso Churchill confessò che in questo modo aveva in effetti imparato a tollerare l’acqua, nonostante l’avesse sempre trovata indigesta. La sua carriera di bevitore ebbe inizio non per ragioni edonistiche, ma a fronte di una vera e propria necessità. Nel 1896 - a ventidue anni - spedito in India durante il servizio militare, decise di unirsi ai reparti volontari inglesi impegnati nella lotta contro le truppe afghane.

Giunto a Nowshera (oggi Pakistan), colto dalla sete dopo ore di marcia, si trovò a dover scegliere tra l’ennesima tazza di acqua calda e limone oppure del whisky.

La scelta - neanche a dirlo – cadde sul distillato scozzese, nonostante l’avversione del giovane Winston per gli alcolici dal sapore forte.

Superata l’iniziale riluttanza tipica del neofita, ecco nascere una vera e propria passione - quella per lo Scotch - che lo accompagnerà per il resto dei suoi giorni. Il suo beniamino? Non un Single Malt, bensì il più conosciuto dei Blended: il Johnnie Walker, etichetta rossa.

Battlescapes - Paesaggi di Battaglia. Dipinto realizzato da Churchill, in cui si intravede un J.W. Red Label.

Oltre il Whisky, l’altra sua grande passione fu lo Champagne.

Con una predilezione particolare per i millesimati a lungo affinamento e di grande struttura. Il suo favorito fu senz'altro Pol Roger, di cui Winston fu cliente fedelissimo.


Galeotto l’incontro - che gli fu fatale - con la splendida Odette Pol Roger, nel 1944 a Parigi, presso l’ambasciata britannica.

Madame Odette - nata Wallace e consorte di Jacques Pol Roger - viene ricordata come una donna bellissima, brillante e di rara eleganza. Una creatura affascinante, dal temperamento socievole e intrepido, tanto da essersi prestata più volte come corriere per conto della Résistance, durante la Guerra.

Madame Odette Pol Roger.

I due si conobbero davanti ad una bottiglia di Vintage 1928 e immediata fu l’attestazione di stima reciproca. Nacque dunque un legame tra Churchill e i Roger destinato a diventare sempre più solido, tanto che ad ogni compleanno dell’ex Premier una cassa di Champagne fu puntualmente spedita nella sua residenza di Chartwell, nel Kent.

Sir Winston definirà la Maison: «The most drinkable address in the world».

La visiterà ben 44 volte e arriverà a chiamare uno dei suoi cavalli da corsa Pol Roger, non a caso un campione, (vinse il Black Prince Stakes a Kempton Park, nel 1953).

Secondo quanto dichiarato dal produttore di champagne, sembrerebbe che Churchill abbia consumato circa 42.000 bottiglie, in 60 anni. Quasi due bottiglie al giorno!

Si tratta di una stima che la stessa Maison avrebbe dedotto dalle fatture emesse nei suoi confronti per la fornitura di champagne, a partire dal 1908 fino all’anno della sua morte, avvenuta nel 1965. Va precisato, però, che nei documenti si fa riferimento non alla classica «champagnotta» da 75 cl in uso oggi, ma alla misura Imperial Pint, in voga allora nel Regno Unito e corrispondente a 56,8 cl. La bottiglia di dimensioni perfette secondo il comune sentire dell’epoca. Alla morte dello statista, in segno di lutto, una fascia nera avvolse i colli di tutte le bottiglie della Maison. L’etichetta fu ritirata soltanto nel 1990.

Nel 1984 come tributo nei confronti del loro più celebre avventore, Casa Roger decise di lanciare una Cuvée speciale a lui dedicata: l’ormai nota Cuvée Sir Winston Churchill, destinata a diventare la bottiglia di maggior prestigio della Maison stessa.

La prima annata, millesimo 1975 - ovvero la ricorrenza del decennale dalla morte del politico inglese - fu ufficialmente presentata a Blenheim Palace, quasi dieci anni dopo. Sull’assemblaggio delle uve è da sempre mantenuto il più stretto riserbo. L’unico dato noto è che sarebbe prodotto a partire da uve Chardonnay e Pinot Noir. Quest’ultimo prevalente, così da «appagare un palato come quello di Sir Winston».

Se durante i pasti Churchill era solito bere champagne, (l’alternativa talvolta poteva essere un rosso bordolese), il cerimoniale si concludeva sempre e comunque con un giro a base di Porto, Cognac e ancora Whisky. «Questione di allenamento!» risponderà il Primo Ministro, dopo essersi scolato un’intera bottiglia di Champagne a inizio pasto, di fronte ad uno sgomento Re Giorgio VI, (padre e predecessore di Elisabetta II), incapace di comprendere la natura di un uomo dagli appetiti etilici tanto smodati come quelli del suo Premier. Perfettamente plausibile, dunque, che Churchill arrivasse a Westminster non sempre stabile sulle proprie gambe. Celebre è l’episodio in cui il grande politico, in visita a Marlborough, incrociando Lady Astor (la prima donna ad avere ottenuto un seggio nel Parlamento britannico), fu da questa severamente rimproverato: «Siete disgustosamente ubriaco, Winston!». «E’ vero». – fu l’irriverente risposta – «E voi siete brutta! Ma domattina io sarò sobrio. Voi, invece, sarete ancora brutta».

Uno spirito reso senz'altro più mordace e impietoso dai fumi dell’alcol.


Persino quando nel Dicembre del ‘31 - trovandosi a New York per un giro di conferenze – venne investito da un auto, anche in questa occasione riuscì a persuadere il medico dell’Ospedale, C. Pickhardt, a prescrivergli almeno 250 cl di alcool a pasto, come antidolorifico. Il tutto eludendo i controlli proibizionisti, grazie ad un pass speciale che gli fu concesso soprattutto per via di quel temperamento autorevole, proverbialmente testardo e irascibile. Grandissima fu la sua predilezione per il fumo lento. La scelta cadeva quasi sempre su Romeo y Julieta, tanto che il famoso brand decise di tributargli uno dei suoi prodotti: oggi tutti i puros di circa 18 centimetri di lunghezza e 5 scarsi di diametro, sono noti appunto come i Churchill.

Il Churchill, l'Habanos dedicato al grande politico inglese.

Insomma un palato fine, colto ed istruito anche nella scelta dei piaceri. Immortale la frase con cui definì i propri gusti: «My tastes are simple, I am easly satisfied with the best».

I miei gusti sono semplici, mi accontento facilmente del meglio.

Tra i locali più frequentati dal grande oratore, va senz’altro ricordato il Savoy Hotel, sullo Strand. Qui Joe Gilmore, leggendario Head Barman, gli dedicò due cocktails, dalle ricette quanto mai complesse per la natura degli ingredienti scelti: il Churchill e - in occasione del suo novantesimo compleanno – il Blenheim, dal nome dell’elegante dimora in cui Sir Winston era nato.

Joe Gilmore - Il celebre Top Barman al Savoy Hotel di Londra.

Tra i suoi più celebri compagni di bevute, come non ricordare l’amico Charlie Chaplin, l’attore statunitense John Barrymore (nonno di Drew Berrymore, diva del cinema odierno) e lo stesso Iosif Stalin, con cui a Mosca e a Jalta condivise più di una vodka.

In quest’ultimo caso fu proprio la comune propensione per l'alcol a rompere il ghiaccio tra un russo e un inglese, dai quali sembravano dipendere le sorti del Secondo Conflitto Mondiale. Nel 1942 il Primo Ministro si recò a Mosca per sondare il terreno dei rapporti internazionali e concordare una comune strategia offensiva contro Hitler. La visita sembrava sul punto di concludersi con un fiasco, quando Churchill ebbe la brillante idea di proporre una serata tête-à-tête con il dittatore sovietico. Durante il pranzo a dir poco pantagruelico, tenutosi in una delle sale del Cremlino, una volta svuotate un bel po' di bottiglie - si presume di vodka e di whisky - i due leader si scoprirono amici.


Quando quella sbronza congiunta finalmente volse al termine, alle tre del mattino, un collaboratore di Churchill li trovò «in preda a un umore gioioso come a una festa di matrimonio», così come scrisse nel suo rapporto. I due leader ora si intendevano come sposini. Tanto che il dittatore sovietico arrivò a dire al suo ospite «non sono d' accordo sulla tua opinione, ma ne apprezzo lo spirito». Insomma, missione compiuta.

Morale della favola? Il bere - come elemento socialmente unificante - trionfa sempre!



Fonti testuali e bibliografiche: - Churchill, Vita Politica e Privata, a cura di Martin Gilbert - Oscar Mondadori; - Mr. Churchill's Secretary, a cura di Susan Elia MacNeal - Little Brown Book Group; - Archivio La Repubblica, E. Franceschini - "Quando Stalin e Churchill.." 24 Maggio 2013.

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