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Immagine del redattoreelisabettaperri

I Diamanti del Vino, i Cristalli Tartarici

Chissà quante volte vi sarà capitato di trovare un deposito particolare all’interno della bottiglia di vino, dei piccoli cristalli, come delle schegge di vetro in tutto e per tutto simili al sale grosso da cucina. Si tratta, in effetti, proprio di un sale: il Bitartrato di Potassio.


Weinstein - Le Pietre del Vino.

I Cristalli Tartarici comunemente noti come Diamanti del vino, sono stati definiti anche Wein-Stein che in tedesco significa «pietra del vino». Nulla a che vedere con quei cristalli di carbonio puro, tanto preziosi e tanto decantati dalla nota pin-up statunitense in un’altrettanto iconica pellicola degli anni 50. Ricordate? «Diamonds are a girl's best friend».

M.Monroe, Gli Uomini Preferiscono Le Bionde - 1953

Tali residui potranno essere rinvenuti sul tappo di sughero o direttamente depositati sul fondo della bottiglia, a seconda che questa sia stata conservata in posizione orizzontale (avremo una comparsa dei cristalli sul tappo) o in posizione verticale (in questo caso sarà più probabile rinvenire del precipitato sul fondo).


Possiamo definirlo un piccolo difetto che riguarda più che altro l’aspetto estetico del prodotto, trattandosi di sostanze non nocive, che non alterano in modo significativo il profilo olfattivo o gustativo del vino.

La presenza di questi sedimenti tartarici si verifica quando il vino ha subito shock termici legati al freddo. L’esposizione alle basse temperature può essere involontaria oppure indotta:

  • Può derivare dal normale abbassamento della temperatura che si registra durante il periodo invernale all'interno delle cantine produttive.

  • Oppure l'abbassamento può essere pilotato tecnologicamente, come nel caso di stabilizzazioni a freddo che precedono l’imbottigliamento.

In effetti il vino è una soluzione idro-alcolica in cui sono presenti contemporaneamente sia Ioni di Potassio che Acido Tartarico (anticamente detto Acido Uvico, il più rappresentativo tra gli acidi organici, perché presente in maggiori quantità nei mosti e nei vini).

Semplificando possiamo dire che con l’abbassamento della temperatura l’Acido Tartarico (dissociato) essendo carico negativamente si legherà a qualcosa di carico positivamente e nel vino questo legame si formerà con lo Ione di Potassio (K+), andando a formare il Bitartrato di Potassio.


Un sale quest’ultimo composto da cristalli non solubili nel vino e che dunque tenderà a precipitare sul fondo del vaso vinario.

Tale processo comunemente definito Precipitazione Tartarica viene impiegato da quelle cantine che praticano filtrazioni o più semplicemente separano il precipitato prima di procedere con l’imbottigliamento, per ottenere una maggiore stabilità dei vini in bottiglia.

Una delle tante piccole meraviglie che i vignaioli trovano in cantina.
Sali di bitartrato di potassio, depositati sul fondo del vaso vinario.

Si tratta di un fenomeno che può avvenire sia nei vini bianchi che nei rossi e può essere influenzato da diversi fattori, tra cui:

  • La quantità di Potassio: maggiore è il potassio nel vino, maggiore sarà la precipitazione;

  • La temperatura: più è bassa, maggiore sarà la velocità con cui i Sali di Bitartrato si formano e precipitano. D’altra parte l’indice di solubilità di questi sali sarà maggiore tanto più le temperature saranno elevate.

Non si formerà altro precipitato all’interno della bottiglia, purché il vino, una volta imbottigliato, non scenda a temperature più basse della temperatura alla quale il Bitartrato cristallizza.

Ci sono infatti casi in cui lo shock termico e la conseguente formazione di Cristalli di sale possono essere entrambi ricondotti ad una non corretta conservazione della bottiglia. Può capitare per esempio di dimenticarsi una bottiglia in macchina, per diverse ore, magari proprio durante i mesi più freddi: ecco dunque un altro valido motivo per cui si verifica la comparsa di Cristalli in bottiglia.




Quando invece il processo di precipitazione tartarica non avviene completamente, perché il produttore ha scelto di non eseguire procedure di stabilizzazione a freddo prima di imbottigliare, la comparsa di questi cristalli di sale all’interno della bottiglia sarà probabile, se non certa. Nella migliore delle ipotesi si tratterà di sedimenti non troppo evidenti, che possono addirittura passare inosservati. In altri casi si possono avere abbondanti cristallizzazioni, special modo nei vini bianchi.


Va da sé che nel caso di vini ottenuti da terreni ricchi di potassio, il sale tende a formarsi in maggiore misura. Dunque un minor apporto di potassio nella gestione agronomica può limitarne la concentrazione nell’uva e quindi nel vino.

Come detto la formazione di questi residui non sottrae praticamente nulla dal punto di vista organolettico, non incidendo su gusto e olfatto. Potremmo giusto avere una lieve alterazione nella percezione delle sensazioni amare e acide. Ciò non toglie che la loro presenza può risultare antiestetica, con il rischio che si metta in dubbio l’effettiva qualità del prodotto. Volendo poi allungare l’occhio al di fuori dei nostri confini territoriali, una condizione del genere può addirittura risultare non accettabile, a seconda delle zone del mondo in cui il prodotto viene proposto e commercializzato.

La soluzione migliore, nel caso in cui si apra la bottiglia ci si ritrovi di fronte a questi sedimenti?

  • Si può decantare il vino separando la parte solida dalla parte liquida, utilizzando un filtro laddove necessario, (sarà sufficiente un comune colino da cucina). A discapito di altre preziose componenti che andremo a sottrarre insieme ai nostri cristalli.

  • In alternativa, qualora questi si trovino sul fondo, si può semplicemente rinunciare a qualche calice di vino, evitando di versare il precipitato.

  • Come ultima opzione: si può soprassedere. In questo modo avremo la possibilità di assaggiare il vino nella sua integrità, per come si presenta in bottiglia. In caso di depositi non troppo consistenti, questa terza opzione è personalmente quella che pratico più spesso.

Alcune CURIOSITA’ che forse non tutti sanno:

  • Una volta quando si pulivano le botti dal tartaro, questo veniva acquistato per poter poi essere impiegato nelle Industrie di cosmesi. Storicamente in molte cantine i tartrati ricavati venivano dunque venduti e per convenzione i proventi ricavati erano lasciati a disposizione dei cantinieri. Ora che si produce "di sintesi" il Bitartrato, come sottoprodotto del processo di produzione del vino, ha chiaramente perso il suo valore commerciale.

  • In campo alimentare il Bitartrato di potassio viene oggi venduto piuttosto caro tra i prodotti di pasticceria. Si tratta del famoso Cremore o Cremor Tartaro, noto soprattutto come agente lievitante.

Il Cremor Tartaro, il lievito che viene dall’Uva.

In presenza di acqua, quest’ultimo rilascia anidride carbonica, permettendo alle preparazioni di lievitare. Particolarmente apprezzato dagli anglofoni, viene generalmente addizionato al Bicarbonato di sodio per rendere gli impasti – dolci o salati – leggeri, morbidi e facilmente digeribili. Il valore aggiunto? Non altera i sapori, come spesso accade con altri agenti lievitanti che si trovano in commercio.

Il Cremore, agente lievitante insapore.
 

In conclusione, un piccolo aneddoto personale: La prima volta che ho dovuto dare spiegazioni circa la presenza di diamanti tartarici nel vino, mi trovavo nella splendida Shenzhèn, prezioso anello di congiunzione tra la Repubblica Popolare Cinese e Hong Kong.

Mi trovavo a parlare con un importatore, grande amateur di vini italo-francesi, che lamentava per l'appunto la presenza sul tappo di questi cristalli simili a frammenti di zucchero, su tutte le bottiglie acquistate. In effetti il vino aveva viaggiato via nave durante i mesi più rigidi dell’anno, come di consueto quando si tratta di spedizioni destinate a raggiungere il Mare della Cina Orientale, con approdo a Shànghai. Se in questo modo si evita un’esposizione del vino a temperature eccessive, nulla consente di preservarlo da eventuali shock termici legati invece al freddo. Ed è così che mi sono trovata a raccontare le varie fasi del processo di stabilizzazione tartarica, nonostante il mio interlocutore masticasse un inglese piuttosto malconcio. Senz'altro una delle conversazioni più creative che abbia mai intrattenuto. Oggi il nostro legame commerciale si è trasformato in una stimata amicizia intercontinentale, condita da una pioggia incessante di interrogativi pregni di squisiti tecnicismi.

 

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